Riforma Moratti: ultimo atto?
In attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del primo decreto legislativo che inizia a rendere concreto il percorso di riforma della scuola italiana, stiamo assistendo in questi giorni (e le sorprese non sono certo finite) ad uno spettacolo deprimente. Di fronte ad una riforma complessiva della scuola italiana, invece di discutere, anche animatamente sul concreto delle cose, si preferisce la polemica gratuita, la falsità, perfino l’uso (giustificato!!!) dei bambini nelle manifestazioni locali e nazionali (ma il vietare la pubblicità con protagonisti i bambini non è stata ritenuta in altra occasione un merito della sinistra? Ma è vietato solo quando fanno pubblicità dei pannolini magari nel posto sbagliato, cioè sulle televisioni di qualcuno?).
Quali sono stati gli slogan di questi giorni?
1. La perdita dei posti di lavoro degli insegnanti: un genitore di un comune vicino mi ha telefonato e mi ha chiesto: “L’insegnante di Lettere di mio figlio ha detto in classe a tutti gli alunni che il loro insegnante di Ed. Tecnica, padre di famiglia, con la riforma Moratti perderà il posto di lavoro. E’ vero?”. Io che conosco entrambi gli insegnanti in questione, ho rassicurato il genitore preoccupato; l’insegnante di Ed. Tecnica, di ruolo, nominato a tempo indeterminato, non sarà licenziato, ma potrà felicemente raggiungere (glielo auguro) la meritata pensione.2. La fine del tempo pieno: fiumi di lacrime si sono versate su questo tragico evento nazionale paragonabile secondo alcuni ad un cataclisma epocale. Eppure basta leggere il decreto, essere capaci di fare una semplice somma, per capire che quantitativamente nulla cambia: 40 ore settimanali ieri, 40 ore settimanali oggi! Ma, secondo alcuni che vagheggiano una sorta di Eden in mezzo alle macerie del resto della scuola, il tempo pieno era un’altra cosa. Che il tempo pieno sia stato all’inizio una diversa modalità, anche innovativa, di far scuola non c’è dubbio; che oggi sia scelto perché comodo parcheggio che risolve i problemi di molti genitori entrambi lavoratori è altrettanto vero. E non è detto né scientificamente provato che a un maggior numero di ore trascorse a scuola corrisponda meccanicamente una crescita migliore degli alunni.3. Le ore opzionali, ritorno al doposcuola: secondo i soliti arguti commentatori (!!!) la distinzione tra ore obbligatorie e ore opzionali relegherebbe queste al pomeriggio in posizione subalterna di fronte alle prime. Ma non è scritto da nessuna parte che si debba impostare la scuola in questo modo. Si possono proporre, come per certi aspetti avveniva già fino ad oggi (tempo pieno/modulo, tempo prolungato/tempo normale/orientamento musicale), moduli orari complessivi diversi tra loro su base settimanale. Si dovrebbe poi spiegare come mai le 30 ore settimanali del tempo pieno oggi siano il non plus ultra della scuola e le 27 ore + 3 con gli stessi insegnanti siano invece una schifezza!4. Attività opzionali a pagamento: nel decreto non c’è traccia di questa ipotesi anzi è esplicitamente dichiarato il contrario.5. Qualcuno addirittura ha sostenuto che alcune realtà sarebbero favorevoli a questa riforma perché pronte con le loro cooperative culturali ad invadere le scuole e a guadagnarci!!!
Due mi sembrano gli aspetti profondamente positivi nel testo approvato dal Parlamento e nel primo decreto attuativo che meritano attenzione.
Prima di tutto la responsabilità affidata alle scuole: basta con i vecchi programmi uguali da Bolzano all’isola di Pantelleria, basta con il centralismo democratico di stampo napoleonico che per anni ha avviluppato la scuola italiana. Oggi vengono indicati gli obiettivi che le scuole devono raggiungere; le modalità, i percorsi formativi, l’assetto organizzativo sono affidati alla responsabilità e alla creatività delle singole istituzioni scolastiche. Qualcuno ha forse paura di questo?
Il secondo aspetto: il ruolo dei genitori che viene pienamente valorizzato. Così dopo la stagione della partecipazione dei genitori alla vita della scuola iniziata con i decreti delegati, una stagione contrassegnata da profonde aspirazioni più che da risultati concreti, dopo la concezione, sotto la spinta dei vari progetti “Qualità”, dei genitori come “clienti” di un servizio, le famiglie tornano ad essere al centro del lavoro scolastico. Sono loro che scelgono il tempo scuola più adatto ai propri figli, loro che partecipano attivamente insieme agli insegnanti alla costruzione del portfolio di valutazione, quel documento cioè che racconta e descrive il percorso formativo di ogni alunno,
Che sia questa la vera paura? In una lettera aperta dei Coordinatori nazionali CGIL – CISL – UIL indirizzata ai dirigenti scolastici si legge (le sottolineature sono mie):
“La stessa offerta formativa, al di là del curriculum obbligatorio ridotto a 27 ore e la cui ridefinizione è ancora tutta da conoscere nelle sue conseguenze anche sulla dotazione professionale, è declassata nella quota facoltativa ad una scelta a domanda individuale da parte delle famiglie: l’attività propria dei Collegi e dei professionisti dell’insegnamento, che consiste nella capacità di lettura dei bisogni di formazione e nella loro traduzione in offerta formativa è di fatto annullata”.
E’ questo il punto: le famiglie, per definizione, non sono all’altezza del compito, i “professionisti dell’insegnamento” sono infallibili. Nonostante l’evidenza della storia siamo tornati all’intellettuale organico, di nefasta memoria, unico in grado di guidare le masse, per definizione, ignoranti. Amen.