Que viva Cuba Libre?
Avendo recentemente festeggiato il 45° anniversario della Rivoluzione Fidel Castro è quasi sicuramente tra i più longevi Capi di Stato del nostro periodo storico.
Pur essendo ormai una “reliquia” fuori dal tempo di una antica e – dopo la scelta cinese di una economia “libera e selvaggia”- ormai surreale contrapposizione tra modello socialista ed economia di mercato, Fidel può vantare ancora e nonostante tutto su un certo numero di “aficionados” italiani.
Sia chiaro che non mi riferisco ai soli militanti “duri e puri” di Rifondazione Comunista o ai nostalgici del correntone DS, ma anche a vasti settori dell’informazione e dell’opinione pubblica compreso tanti cattolici.
Cuba nell’immaginario di molti è ancora un paradiso caraibico con un mare stupendo, spiagge incantevoli, belle ragazze e dove la rivoluzione socialista ha azzerato la povertà, l’ignoranza e le malattie.
Qual è invece la realtà? Un economia ormai allo stremo a cui neanche il turismo, sessuale e non, riesce a dare una boccata d’ossigeno, 350 mila disoccupati, 120 mila carcerati (80% neri) condannati nella maggior parte dei casi per reati che ormai esistono solo a Cuba ed in Corea del Nord (proprietà privata e libero commercio).
Libertà politica e d’opinione? Completamente negata.
Lucidamente il dittatore Castro utilizza la guerra in Iraq per assestare pesanti colpi all’opposizione che giorno per giorno aumenta e si organizza.
Poco dopo lo scoppio della guerra, infatti, il regime arresta 75 “dissidenti antirivoluzionari” e li condanna complessivamente a 1450 anni di prigione; sempre utilizzando la copertura che la guerra gli fornisce condanna, poi, a morte 3 giovani che avevano tentato di sequestrare un traghetto per fuggire negli Stati Uniti.
L’inserimento di Cuba nella lista nera statunitense dei possibili produttori di armi biologiche di massa consentiva prima a Castro di sventolare questo come prova di una volontà americana di attaccare militarmente Cuba entro breve tempo; e poi di sostenere che ogni articolo di dissenso o di critica al regime o richiesta di maggiore democrazia potessero essere considerati come “crimini contro la sicurezza nazionale”. D’altra parte una modifica del giugno 2002 alla Costituzione stabilisce che il regime sociali è irreversibile…
Eppure notizie come queste raramente arrivano all’onore della prima pagina.
Ci avete mai pensato? Non credete che tutto ciò sia un chiaro esempio di “egemonia e disinformazione politico – culturale”?
Marco Pace