L’affettività nella vita dei nostri figli

Martedì 1 Febbraio 2005, alle ore 21 in sala Conti a Bresso si è tenuto un incontro organizzato da Famiglie per l’Accoglienza aperto a tutti dal titolo ”L’affettività nella vita dei nostri figli”. Ha condotto la dottoressa Anna Marazza.

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Oriente e Occidente: Cristo unico fondamento della Chiesa

Lunedì 31 gennaio 2005, in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani presso la Parrocchia dei SS.Nazaro e Celso di Bresso si è svolto un incontro con Padre Scalfi ed il coro di Russia Cristiana, dal titolo “Cristo unico fondamento della Chiesa”.   Per essere aggiornati sulla Biblioteca dello Spirito di Mosca e sulle iniziative di Russia Cristiana visitare il sito www.russiacristiana.org

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Padre Massimo Cenci

Incontro testimonianza con padre Massimo Cenci Dice don Giussani “Il compimento del destino è la misericordia”. E’ un tema che torna a galla spesso in questi giorni, dopo il maremoto nel sud-est asiatico, perché è come se quello che è accaduto fosse contro ogni logica di misericordia. Invece non è così, se la vita è, e la si vive, come la chiamata ad una risposta grande quanto il cuore chiede. Se non è così, ciò che è successo è veramente inspiegabile. Invece così, tutto il limite umano e il limite che la creazione porta addosso per il peccato originale che liberamente ci siamo scelti noi, ha anche un senso, perché la morte non è contro la vita. Non è possibile quotidianamente fare esperienza di una pienezza più grande, se non passando attraverso la morte di qualcosa di più piccolo. Questo è nella natura delle cose, nella nostra stessa natura. La missione non è altro che la rivelazione di questo grande mistero, non è altro che offrire al mondo la certezza che la misericordia è più grande di tutto e che compie veramente il cammino dell’uomo. Se non fosse per questo, io sarei già scappato da Roma, perché lavoro drammaticamente dentro l’istituzione, forse in una delle più pesanti istituzioni, che è la Curia romana, che è stata concepita come strumento di servizio alla Chiesa universale, in tutti i suoi aspetti. L’aspetto che mi compete personalmente è proprio la cura di tutte le missioni della Chiesa, cioè un 40% della Chiesa. Se non fosse per la certezza che ciò di cui ho bisogno, guardando profondamente la mia umanità e il mio io così com’è, è di Qualcuno che mi salvi, non solo non sarei partito in missione in Brasile, ma non starei neppure lì. Questo è veramente il bisogno del mondo, il

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Que viva Cuba Libre?

Avendo recentemente festeggiato il 45° anniversario della Rivoluzione Fidel Castro è quasi sicuramente tra i più longevi Capi di Stato del nostro periodo storico. Pur essendo ormai una “reliquia” fuori dal tempo di una antica e – dopo la scelta cinese di una economia “libera e selvaggia”- ormai surreale contrapposizione tra modello socialista ed economia di mercato, Fidel può vantare ancora e nonostante tutto su un certo numero di “aficionados” italiani. Sia chiaro che non mi riferisco ai soli militanti “duri e puri” di Rifondazione Comunista o ai nostalgici del correntone DS, ma anche a vasti settori dell’informazione e dell’opinione pubblica compreso tanti cattolici. Cuba nell’immaginario di molti è ancora un paradiso caraibico con un mare stupendo, spiagge incantevoli, belle ragazze e dove la rivoluzione socialista ha azzerato la povertà, l’ignoranza e le malattie. Qual è invece la realtà? Un economia ormai allo stremo a cui neanche il turismo, sessuale e non, riesce a dare una boccata d’ossigeno, 350 mila disoccupati, 120 mila carcerati (80% neri) condannati nella maggior parte dei casi per reati che ormai esistono solo a Cuba ed in Corea del Nord (proprietà privata e libero commercio). Libertà politica e d’opinione? Completamente negata. Lucidamente il dittatore Castro utilizza la guerra in Iraq per assestare pesanti colpi all’opposizione che giorno per giorno aumenta e si organizza. Poco dopo lo scoppio della guerra, infatti, il regime arresta 75 “dissidenti antirivoluzionari” e li condanna complessivamente a 1450 anni di prigione; sempre utilizzando la copertura che la guerra gli fornisce condanna, poi, a morte 3 giovani che avevano tentato di sequestrare un traghetto per fuggire negli Stati Uniti. L’inserimento di Cuba nella lista nera statunitense dei possibili produttori di armi biologiche di massa consentiva prima a Castro di sventolare questo come prova di una volontà americana di attaccare militarmente Cuba entro

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Italiani Invisibili

Il prossimo 29 novembre si terrà l’ormai tradizionale Colletta Nazionale organizzata dal Banco Alimentare. Un’occasione per un gesto di reale e concreta solidarietà, un momento di condivisione dei bisogni che riguardano, purtroppo, ancora tante persone, per condividere così il senso della vita. Per approfondire e capire meglio le dimensioni del fenomeno povertà in Italia vi proponiamo questa nota. Strano paese l’Italia: un paese ricco con 7.140.000 poveri. I poveri sono un “problema” silenzioso di povertà non si parla, la povertà è negata, dimenticata; i poveri sono “cittadini invisibili”.  Il 17 ottobre è stata la “Giornata Mondiale” dedicata alla povertà. Non sono, solitamente, a favore delle “Giornata Mondiali” sorta di celebrazioni una tantum che non hanno poi ricadute reali nella risoluzione del problema, ma sulla giornata del 17 ottobre il giudizio è meno netto proprio perché è necessario riuscire ad arrivare sulle pagine dei giornali per ricordare a tutti l’esistenza di questa umanità dimenticata, negata. Un esempio di quanto affermato è lo spazio dato alla pubblicazione del Rapporto 2002 dell’ISTAT. Quando, infatti, l’ISTAT, il 22 luglio 2003, ha reso noti i risultati del “Rapporto sulla povertà in Italia 2002” questi sono stati generalmente ignorati non solo dai mass media, ma anche e soprattutto dalla classe politica italiana. Il silenzio coinvolge sostanzialmente sia la destra sia la sinistra, ma quello che sicuramente appare assordante è il silenzio che regna nello schieramento di sinistra; forse anche perché con il Governo Berlusconi, nonostante le note difficoltà economiche mondiali, il numero dei poveri è diminuito passando da 7.828.000 a 7.140.000. La sinistra sin dalla sua nascita ha, infatti, rivolto la sua attenzione e le sue rivendicazioni per il miglioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici, particolarmente verso quelle fasce più a rischio di povertà ed emarginazione, fenomeni che lo sviluppo industriale sembrava richiedere come

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La Cina stupisce il mondo.

La Cina stupisce il mondo. Ovvero: esecuzioni legali di massa Fenomeno Cina. Un paese fenomeno che turba il sonno di economisti, imprenditori e politici. Un paese che stupisce non solo per i successi industriali, di crescita economica e del PIL, ma anche perché detiene il ben più triste, macabro e quasi sconosciuto, primato delle esecuzioni capitali. Nel corso del 2003 sono state eseguite, legalmente, in tutto il mondo 1146 condanne a morte di queste ben 726 sono state eseguite in Cina. L’orrore non finisce però qui: La stima di un giurista cinese parla di almeno 10.000 condanne a morte eseguite. Pensate che con questo si sia toccato il fondo del sopruso, della violenza, dell’orrore? No, gli imputati possono essere processati senza conoscere l’accusa o vedere un avvocato fino al momento in cui entrano in tribunale e molto spesso le confessioni vengono estorte con la tortura. Le stesse esecuzioni diventano più numerose nel corso delle festività nazionali e sono utilizzate per annunciare l’apertura di nuove campagne contro la criminalità; in questi casi diventano pubbliche ed acquistano particolare valenza nel tentativo di utilizzare l’arma della paura per fermare i reati. L’esecuzione diventa uno “spettacolo” a cui assistono, obbligatoriamente, migliaia di persone tra cui intere scolaresche. I reati punibili con la pena di morte sono una lista lunga, varia e che tiene conto anche dei “moderni” dettami sanitari e ambientalisti si va, infatti, dall’omicidio, alla rapina, al furto, allo sfruttamento della prostituzione, alla pubblicazione di materiale pornografico, al teppismo, al disturbo dell’ordine pubblico, al sabotaggio controrivoluzionario, al traffico di droga, alla corruzione, alla concussione, all’usura, all’evasione fiscale fino ad arrivare alle nuove aggiunte del contrabbando, della falsificazione di banconote, della diffusione deliberata della SARS e della produzione di materie prime tossiche. La discesa nell’orrore non ha fine, secondo Amnesty International vi è anche

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Faccia a faccia con la Musica (prima edizione)

Giulio Mandara racconta il primo degli incontri: UNA MUSICA PUÒ FARE….. “Tempo” e “ritmo” nella musica del ‘900 Da Sant’Agostino a Kant, da Vivaldi ai Beatles e a Caetano Veloso, passando per la musica etnica e il modello ipnotizzante New Age, fino alle ultime sperimentazioni che traspongono in suoni e ritmi la realtà virtuale. Sono alcuni flash da una serata con il Mo Roberto Andreoni, Direttore dell’Accademia Internazionale della Musica di Milano (già Civica Scuola di Musica), docente di composizione e compositore egli stesso. Con l’aiuto di una presentazione in Power Point e di alcuni esempi musicali (e non solo) ha condotto il pubblico della Sala Conti di Bresso alla scoperta di alcuni concetti base della musica: tempo e ritmo. Talmente dati per scontati che anche i suoi allievi diplomandi non sanno darne una definizione scientificamente esatta. Già: perché la musica – almeno quella occidentale – ha delle regole base molto rigorose, che solo parte dei musicisti colti del XX secolo si sono incaricati di contraddire, tanto da risultare sgraditi al gusto medio. Il tempo è quello cronologico che viene scandito in pulsazioni (beat), raggruppate in base ad accenti che portano a uno schema regolare, ripetibile e prevedibile (pattern), di appoggio e levata, battere e levare, arsi e tesi. Lo sapevano già i greci, ma oggi sappiamo che questo modo di percepire il ritmo musicale è dovuto a una legge psico-acustica, detta dei raggruppamenti. Il ritmo poi è fatto di tanti altri elementi: agogica, fraseggio, forma, ed è dato dal modo di organizzare la durata dei suoni (o comunque degli eventi sonori) all’interno di quella stanza vuota che è il metro, la misura (2, 3, 4 tempi) in cui si articola la sequenza di pulsazioni iniziata dall’accento principale. Abbiamo dovuto citare termini inglesi, perché quelli italiani sono troppo generici: gli

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E miglia da percorrere

LEONARDO MARALLA Fin nel titolo che Maralla ha indicato per questa personale si svela la natura profonda del suo lavoro, che è espressione, complessa nei modi e nelle forme, di un percorso, esistenziale prima che artistico, profondamente personale ma subito caricato di una valenza universale. Il punto di partenza, come svela Maralla stesso, è un’attenzione, una passione per il vissuto dell’uomo, che informa la sua arte ma anche la sua vita di medico, psichiatra e psicoterapeuta. Ecco che allora la sua vicenda pittorica si dispiega nel tempo come luogo di continua dialettica e perenne intreccio di vissuto personale e di vissuto altrui, scaturigine di un fecondo scambio che conduce a un reciproco arricchimento. In questo suo percorso Maralla non ha avuto un maestro, non ha optato per uno “stile”, non ha adottato una forma; piuttosto, proprio come in un cammino che continuamente svela nuovi orizzonti e nuove prospettive, ha sempre trovato il maestro, lo stile, la forma che meglio si confacessero alla tappa in corso. Si spiega così la continua e instancabile sperimentazione sui materiali, che lo ha portato dall’acquarello all’acrilico, all’olio, alle terre, al bitume, alla cenere, alla sabbia, ai materiali più diversi, alle volte prelevati direttamente dalla natura, e sui supporti (carta, tela, tavola, frammenti di legno di diversa fattura e provenienza), sperimentazione mai programmata o pianificata, ma naturale declinazione della sua posizione di uomo/artista in cammino. Dalle profondità oscure dei primi lavori, dove emergono figure come ombre, costrette e frammentate nell’iter affascinante e drammatico della presa di coscienza di sé e di sé in rapporto agli altri, il cammino si distende oltre le finestre che, come ultimo diaframma, si interpongono tra l’io e la traccia da seguire. Traccia che conduce sicura, attraverso paesaggi ancora una volta esistenziali prima che reali, ovvero luoghi di un vissuto prima che

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Preghiera e Canto a Maria

11 MAGGIO 2004 – Ore 21 Presso la Parrocchia San Carlo, in piazza de gaspari a Bresso (MI) PREGHIERA E CANTO A MARIA con VALENTINA ORIANI – voce MARCO SQUICCIARINI – chitarra STEFANO DALL’ORA – contrabbasso

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Sto con L’Avana, quelle accuse sono ingiuste

Volete sapere cosa ne pensa Oliviero Diliberto, esponente di spicco dei Comunisti Italiani ed ex Ministro della Giustizia nel Governo D’Alema, in merito all’esistenza di un problema di garanzia dei diritti umani a Cuba? Vi segnalo alcune sue risposte ad una intervista pubblicata su Repubblica e rintracciabile, nella forma completa, anche nel sito ufficiale del Partito dei Comunisti Italiani www.comunisti-italiani.it. “Sto con L’Avana, quelle accuse sono ingiuste” La Repubblica intervista Oliviero Diliberto “C’è di mezzo anche un “protocollo” dunque per sostenere Fidel contro la Ue. “Daremo battaglia. Per far capire all’Unione europea qual è la vera realtà di Cuba. Gli attacchi sono ipocriti e strumentali. Utilizzando lo stesso metro di giudizio, la Ue dovrebbe far scattare sanzioni contro tre quarti dei paesi del mondo. Negli Stati Uniti c’è la pena di morte. In Cina c’è la pena di morte. Ci sono despoti sanguinari, da Musharraf a Saddam, che da un giorno all’altro possono diventare amici o nemici, secondo le convenienze del momento dell’Occidente”. A cuba la pena di morte è applicata al dissenso politico. “Sono stati fucilati dei dirottatori di una nave civile. Fosse avvenuto in Israele, non sarebbero arrivati neanche al processo. Un bel blitz e via, giustiziati sul posto”. Non esiste un problema di diritti umani e politici a Cuba? “C’è una democrazia applicata in forme diverse rispetto a quella occidentale. Anche, che so, l’Arabia Saudita non è una democrazia di tipo occidentale. Ma nessuno si azzarda a dire nulla. Cuba invece è sempre sotto tiro: perché è comunista, è un simbolo. Pericoloso”. Favorevole alla pena di morte? “No. Nel ’93 lo andai a dire in un convegno proprio all’Avana. Ma da amico di Cuba. La ripresa delle condanne a morte, tra l’altro, nasce dalla preoccupazione reale di un’aggressione militare, con complicità interne”. L’Unione europea, pur deplorando l’attacco

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Sto con L’Avana, quelle accuse sono ingiuste

Volete sapere cosa ne pensa Oliviero Diliberto, esponente di spicco dei Comunisti Italiani ed ex Ministro della Giustizia nel Governo D’Alema, in merito all’esistenza di un problema di garanzia dei diritti umani a Cuba? Vi segnalo alcune sue risposte ad una intervista pubblicata su Repubblica e rintracciabile, nella forma completa, anche nel sito ufficiale del Partito dei Comunisti Italiani www.comunisti-italiani.it. “Sto con L’Avana, quelle accuse sono ingiuste” La Repubblica intervista Oliviero Diliberto “C’è di mezzo anche un “protocollo” dunque per sostenere Fidel contro la Ue. “Daremo battaglia. Per far capire all’Unione europea qual è la vera realtà di Cuba. Gli attacchi sono ipocriti e strumentali. Utilizzando lo stesso metro di giudizio, la Ue dovrebbe far scattare sanzioni contro tre quarti dei paesi del mondo. Negli Stati Uniti c’è la pena di morte. In Cina c’è la pena di morte. Ci sono despoti sanguinari, da Musharraf a Saddam, che da un giorno all’altro possono diventare amici o nemici, secondo le convenienze del momento dell’Occidente”. A cuba la pena di morte è applicata al dissenso politico. “Sono stati fucilati dei dirottatori di una nave civile. Fosse avvenuto in Israele, non sarebbero arrivati neanche al processo. Un bel blitz e via, giustiziati sul posto”. Non esiste un problema di diritti umani e politici a Cuba? “C’è una democrazia applicata in forme diverse rispetto a quella occidentale. Anche, che so, l’Arabia Saudita non è una democrazia di tipo occidentale. Ma nessuno si azzarda a dire nulla. Cuba invece è sempre sotto tiro: perché è comunista, è un simbolo. Pericoloso”. Favorevole alla pena di morte? “No. Nel ’93 lo andai a dire in un convegno proprio all’Avana. Ma da amico di Cuba. La ripresa delle condanne a morte, tra l’altro, nasce dalla preoccupazione reale di un’aggressione militare, con complicità interne”. L’Unione europea, pur deplorando l’attacco

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Razzismo?

Razzista. Per essere considerato tale basta non solo opporsi all’immigrazione, in particolar modo a quella islamica, ma anche esprimere dubbi o sottolineare le possibili difficoltà d’inserimento e di convivenza degli immigrati islamici. Questo è, più o meno, il tono del dibattito sugli immigrati; gridare al razzismo infiamma gli animi ma non serve a capire la realtà. Troppo spesso esasperazioni ed opposte accuse fanno velo all’obiettività ed ad una distaccata valutazione del reale. E’, quindi, necessario partire da un dato reale ed obiettivo. Se si attribuisce, cioè, alla Repubblica Federale Russa, una dimensione europea allora si deve ammettere che l’Europa è circondata da paesi che si dichiarano o ufficialmente islamici oppure dove l’Islam rappresenta una componente rilevante nella vita sociale. Non si può prescindere da questa considerazione prima di un qualsiasi tentativo d’analisi. Perché in Italia, però, la “questione islamica” si pone come un caso particolare, a se stante, nel panorama dell’immigrazione? Per dare una prima risposta obiettiva e basata su fatti reali è necessario valutare due punti fondamentali . Il primo punto da considerare è che in Italia le persone di religione islamica sono circa un milione e sono in crescita costante. L’Islam è la seconda religione per numero di fedeli. Il secondo punto è valutare le richieste formulate tempo fa dal Consiglio Islamico d’Italia e cioè: 1. L’insegnamento del Corano a scuola oppure la possibilità di creare scuole mussulmane parificate 2. Il diritto delle donne di essere fotografate a viso coperto nei documenti d’identitübr /> 3. Permessi di lavoro per consentire la partecipazione ai pellegrinaggi religiosi 4. Venerdì festivo 5. Istituzione della festività di Aid el Fitr (Festa della rottura del Digiuno) e di Aid el Adha (Festa del Sacrificio) 6. Diritto di contrarre matrimoni civili con rito islamico 7. Diritto di partecipazione alle preghiere di mezzogiorno E’ necessario,

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Società Multiculturale

Numerosa parte dell’opinione pubblica italiana è a favore di una società multiculturale poggiando le sue argomentazioni sugli ideali di democrazia e libertà. Recentemente, basandosi anche su queste stesse argomentazioni, il Governo francese ha deciso di vietare all’interno di tutte le istituzioni scolastiche l’ostentazione del chador islamico o della kippah ebraica o delle croci cristiane di grandi dimensioni (chissà se la burocrazia d’oltralpe è arrivata ad indicarne anche le dimensioni massime consentite?); precedentemente il Parlamento della civilissima Svezia aveva deciso, sostanzialmente, di vietare il rito della circoncisione nei neonati equiparandola ad un vero e proprio intervento chirurgico con relativa anestesia totale. Il Parlamento ha preso tale decisione nella logica della difesa dei diritti del bambino, ma il Congresso ebraico Mondiale, nonostante ciò, l’ha etichettata come “la prima restrizione legale introdotta in Europa contraria al rituale ebraico dopo la caduta di Hitler”. Non commentiamo il pesante giudizio del Congresso ebraico ma sottolineiamo che la civilissima Svezia non è nuova a scelte politiche “particolari” forse la vicenda non è molto conosciuta ma dal 1935 al 1975 in Svezia, nella illuminata,civile e socialdemocratica Svezia, oltre 60 mila persone individuate ed etichettate come malati di mente o più semplicemente come emarginati sociali sono state sterilizzate (non ci credete? Eppure anche in Italia è stato pubblicato un saggio che riprende le ricerche effettuate in Svezia – “per la Nazione e per la Razza. Cittadini ed esclusi nel modello svedese” autore Piero Colla). E questo che i cosiddetti progressisti intendono per “Società multiculturale”? La messa al bando della sfera religiosa, della presenza di Dio (di qualunque Dio in cui si creda e a cui si rivolgano preghiere) nel mondo? Può una “Società multiculturale” soggiacere ad una invadenza, che rasenta l’eliminazione, nella sfera religiosa solo nel nome di una presunta laicità dello Stato Ernesto Galli Della Loggia sottolinea

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A PROPOSITO DI PENSIONI

Non voglio rifare i conti. Altri li fanno certo meglio. Non voglio fare polemica politica. Altri la fanno peggio. Penso alle clamorose menzogne, alla totale ipocrisia di sindacati e compagnucci vari. Una volta, la parola compagni suscitava un senso di rispetto, come merita chi lotta e paga per un’idea sbagliata. Il rispetto che, a Bresso, suscitava il vecchio Andrea Riva. Ma ora chi paga? E chi lotta? Il bel Rutelli, nonno Bertinotti dalla erre moscia, il ben nutrito Pezzotta? Gli imbroglioni, ora, lodano la riforma Dini, perché Dini, ora, è dei loro. Non dicono che con la riforma Dini, così com’è, tra 20 anni, la pensione sarà, al massimo, il 50 % dello stipendio. Non lo dicono perché l’hanno fatta loro, la riforma che ha già rovinato il futuro. La riforma della fame, fatta da “un rospo”. Altro che “difendiamo il futuro”, lo slogan dello sciopero del 24 ottobre. Ma non facciamo polemica. Facciamo una considerazione sola. Quale è l’ideale di ogni Italiano ? (magari anche di ogni straniero; non voglio allargarmi). E’ chiaro: vivere, decentemente, senza lavorare. Chi ci riesce? Quasi nessuno. E allora viva la pensione, subito, appena si può. La pensione è lo strumento alla portata di tutti, per essere come Agnelli, quando era vivo: lavorava se voleva e quando voleva. Il boom economico e la cultura di questi anni ci hanno lasciato l’idea che si possa vivere senza lavorare. Quelli furbi non lavorano. Questo rende incandescente il dibattito. Altrimenti nessuno scenderebbe in piazza per andare in pensione a 57 anni, come ora, e non a 60 o a 65, come sarà dal 2008, e solo per chi non ha maturato il diritto. Per questo nessuno discute di anni in più o in meno. Lottiamo per il diritto a sognare un mondo senza lavoro. Infatti, facciamo lavorare

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SEMPLICI INDICAZIONI PER COMPRENDERE LA RIFORMA DELLA SCUOLA

Per favorire una comprensione anche dei non addetti al lavoro provo ad elencare sinteticamente i punti principali del primo decreto legislativo che dà attuazione alla riforma della scuola, relativamente al primo ciclo di istruzione. •  La struttura scolastica : resta sostanzialmente quella attuale con la scuola dell’infanzia (durata 3 anni), la scuola primaria (durata 5 anni) suddivisa in un primo anno e in due successivi bienni, la scuola secondaria di primo grado (durata 3 anni) suddivisa in un biennio e in un terzo anno in raccordo con la scuola superiore. Sparisce l’esame di quinta elementare, resta invece confermato quello di terza media. L’altra novità, sbandierata di mass media, ma a mio parere di secondaria importanza rispetto all’impianto complessivo, è la possibilità della iscrizione in anticipo: i genitori, se vogliono, possono iscrivere alla scuola primaria i figli che compiono i 6 anni entro, gradualmente, il 30 aprile dell’anno successivo e alla scuola dell’infanzia quelli che compiono i 3 anni entro la stessa data. •  Il tempo scuola : l’orario annuale è di 891 ore (pari a 27 ore settimanali) a cui si aggiungono nella scuola primaria 3 ore settimanali e nella scuola secondaria di primo grado 6 ore settimanali, la cui scelta è facoltativa e opzionale per gli allievi (ma le scuole sono tenute a proporle!) e la cui frequenza è gratuita. La scelta è operata dai genitori al momento della iscrizione. A queste ore si può aggiungere la mensa fino ad un massimo di 10 ore settimanali nella scuola primaria e di 7 nella scuola media. Proviamo ad esemplificare per capire meglio. Oggi l’alunno iscritto ad una classe a tempo pieno nella scuola elementare generalmente frequenta dal lunedì al venerdì dalle ore 8,30 alle 16,30; con la riforma, l’alunno che è stato iscritto alle 30 ore più la mensa farà

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