Incontro con un testimone

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Giovedì 10 ottobre al salone San Carlo di Bresso abbiamo invitato Alberto Piatti direttore generale dell’AVSI.

AVSI sta per Associazione Volontari Servizi Internazionali, ente accreditato presso l’ONU e la Banca Mondiale.
Alberto Piatti per una serie provvidenziale d’incontri con la realtà Rumena dopo la caduta del regime di Ceausescu, si è man mano coinvolto con progetti d’aiuto in diversi paesi sottosviluppati. Sono passati trent’anni e attualmente l’AVSI si trova a gestire settanta progetti di aiuto che vedono coinvolti trentadue paesi. Alberto Piatti fa il punto della situazione:
“Le risorse che l’AVSI gestisce in un anno ammontano circa a trenta miliardi delle vecchie Lire, di cui da tre anni quasi la metà sono reperite attraverso campagne di raccolta fondi, soprattutto le Tende di Natale, il resto sono donazioni private. Da ricordare soprattutto il sostegno a distanza o “adozioni a distanza” che permette ai nostri amici in giro per il mondo di seguire 18,000 bambini in tutto il mondo , dal Kasakistan passando per la Polonia, la Romania, la Serbia e poi venendo nel Nord Africa, in Tunisia, Uganda, Ruanda, Kenya Mozambico, poi ancora Cuba, Venezuela, Messico, Colombia, Paraguay, Brasile, Argentina, tanto per dare un’idea dell’ampiezza geografica del nostro operare.
In questo nostro pianeta viviamo circa in sei miliardi. Di questi sei miliardi di persone un miliardo e tre vivono sotto quella che viene definita la soglia della povertà, cioè un dollaro pro capite al giorno. Un altro paio di miliardi navigano tra un dollaro e i tre dollari, poi c’è una fascia intermedia . Quelli che vivono come noi sono un miliardo e duecento milioni. Queste cifre devono servire a prendere coscienza del problema, perché c’è qualcosa che non funziona e non si può far finta che non sia così.”
Quando il santo Padre più di quindici anni fa, al quarantesimo delle Nazioni Unite, implorò la remissione del debito dei paesi poveri fu preso per matto. Oggi è argomento di discussione e trattative. Dopo quell’intervento ne seguirono molti altri, nei quali costantemente viene richiamato il valore superiore della dignità della persona umana.
“Questo – ha sottolineato Alberto Piatti – è l’approccio che caratterizza il nostro fare, e quando dico nostro intendo il fare dei nostri amici che in questo momento sono 97, volontari operanti in tutti i paesi enumerati.”
Cosa si può fare in una situazione così drammatica? La tentazione più grande è quella di progettare mega piani, delle mega pianificazioni che si avvicinano molto ai piani quinquennali di sovietica memoria, oppure c’è chi sostiene che
attuando un liberismo totale il progresso sarà tale che automaticamente innalzerà il livello del tenore di vita di tutti.
Teorie affascinanti ma ugualmente fallimentari.
In questo senso Alberto Piatti rileva come gli organismi internazionali, soprattutto nell’ambito delle Nazioni Unite, spesso sembrano vivere ad un livello così alto da non riuscire più a leggere la realtà, il bisogno che viene dalle singole persone.
Si può pensare che quando si sostiene la vitale importanza della sussidiarietà, cioè quella di poter dare risposte efficaci attraverso i cosidetti corpi intermedi, sia un sistema adeguato soltanto ai paesi sviluppati. Non è così.
Basti pensare a certi paesi dell’Africa in cui prima che uno stato si concepisse per esempio come erogatore di servizi sanitari, esisteva già una presenza capillare prevalentemente svolta dai missionari. Uno statalismo ideologico, come
si configura negli interventi degli organismi internazionali spazzerebbe via le presenze sussidiarie che sono assolutamente innovative, efficaci e intelligenti, e conti alla mano garantiscono tra l’altro il miglior sfruttamento delle risorse.
Lo statalismo affronta le problematiche come se dietro ad esse non ci fossero delle persone, perché parte da schemi ideologici applicati e non dal mistero ultimo che la persona è.
“Questo – ha detto Alberto Piatti – è quello che, con le nostre modestissime forze ma con la tenacia che ci contraddistingue, cerchiamo di dire in ogni contesto internazionale dove siamo chiamati.”
L’oratore porta molti esempi di progetti realizzati con questi criteri, progetti spesso nati da piccole esperienze di caritativa che poi hanno ottenuto sulla fiducia le sovvenzioni degli organismi internazionali, diventando realtà importanti. Tipico – un esempio fra tanti – l’intervento a Salvador de Bahia, nella Baia di Todos los Santos, dove partendo da un gesto di caritativa presso un insediamento di poveri che vivevano su palafitte, attualmente l’AVSI gestisce un fondo della Banca Mondiale di 4 milioni di dollari.
“Il nostro modo di operare è una cosa unica al mondo, è la prima volta che la Banca Mondiale lavora a queste dimensioni con organismi non governativi da quando è stata costituita nel 1948. E’ la primissima volta che la Banca Mondiale dà un fondo fiduciario a gestione diretta ad una organizzazione non governativa come la nostra.
“Vi lascio immaginare – ha concluso Alberto Piatti – cosa significhi parlare di carità in un contesto internazionale, dove tutto è pianificato e dove tutti pensano che la carità sia qualcosa che c’entri poco con la vita. La carità invece è il principio fondante di quello che chiamiamo civiltà occidentale. La nostra civiltà è fondata sull’essere che si disvela come carità. Noi dobbiamo assolutamente recuperare il valore di questa parola nei termini della sua origine”.