Incontri Genitori 2017
Riflessioni sugli “Incontri genitori 2017”
Sono le otto del mattino. Pedalo velocemente per non arrivare tardi al lavoro. Mi cade lo sguardo su un manifesto. Rileggo ancora, come ogni mattina da qualche tempo, “Tu sei un bene per me”.
Timbro il cartellino e ancora quelle parole mi tornano alla mente. Penso che sarebbe bello ricordarmene quando mi imbatterò nella prima faccia che mi si farà incontro.
Ed è così ogni mattina. Si ricomincia. Magari con un po’ più di coscienza e sicuramente con un desiderio rinnovato. Mi sento arricchita dall’esperienza che è stata proposta ai genitori quest’anno a partire da un tema tanto essenziale, quanto affascinante.
Mentre scrivo, mi rendo conto che è difficile sintetizzare cosa ho ricevuto da questa esperienza, che come ogni anno mi sorprende anche solo per il fatto che così tante persone abbiano deciso di uscire per tre sere, mosse sicuramente da un desiderio di bene per la propria vita.
Lo scrittore Luca Doninelli, che ci ha accompagnato nella prima serata, ha seguito un percorso a partire dal celebre episodio della “notte dell’Innominato”. Dopo tanti tormenti e dopo essersi reso conto che Lucia è totalmente altro da sé, qualcosa di irriducibile e totalmente imprevisto, sente delle voci festose e delle campane. Si affaccia alla finestra e grida: «Che c’è d’allegro in questo maledetto paese?». C’è la gente che cammina contenta, le campane che suonano. Si rende conto che quel “tu” diventa sopportabile perché è bello. Qual è il vero miracolo dell’Innominato? Che accetta se stesso, si rende conto che il grande nemico della sua vita era lui. Attraverso l’esperienza di bellezza, di bontà, di gratuità comprende se stesso. E in quel momento, si spalanca la sua vita.
E’ esattamente l’esperienza dell’educare: quando si incontra la Bellezza, la Bontà, la Gratuità la vita rifiorisce e ti scopri capace di uno sguardo nuovo su tuo marito, tuo figlio, su chi incontri nel quotidiano.
Don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria, nel secondo incontro, ha esordito citando le prime parole che Dio dice ad Adamo “Tu potrai”. Nell’esperienza dell’educare questo “Tu potrai” significa riconoscere che l’altro, tuo figlio è un bene originario. Sempre. Può sbagliare, può essere diverso dalla tua aspettativa, ma è creato per il bene. Il riconoscimento di questa possibilità è una misericordia che genera. Attraverso il racconto dell’esperienza che Don Claudio vive con i ragazzi che incontra in carcere e in comunità, siamo stati aiutati a riconoscere ancora una volta quale sia il ruolo dell’adulto.
L’esperienza che facciamo, la Fede che viviamo è quel Bene che non possiamo non comunicare. Vivi e vivendo fai vedere chi sei. Tuo figlio ti guarda, ti osserva. Sei altro e proprio per questo ti può guardare. E attendi con pazienza e nel frattempo ci sei. Prendi sul serio la vita, le domande che hai, le circostanze di ogni giorno. Vivere da adulti è la sola possibilità che vedano in noi “un altro mondo”. Con i tempi che certo non sono quelli che decidiamo noi: il punto è esserci.
Nell’ultima serata abbiamo incontrato Marina Figini e suo figlio Alessandro che ci hanno raccontato con assoluta semplicità e concretezza l’esperienza di Cometa, associazione che a Como accoglie per educare bambini e ragazzi, con particolare attenzione ai minori allontanati temporaneamente dalla propria famiglia.
Dando credito al desiderio già presente ai tempi del fidanzamento, Marina e suo marito hanno deciso di andare a vivere con un’altra famiglia condividendo la quotidianità. Nel tempo questa esperienza si è dilatata in un modo straordinario e certamente guidato dalla Provvidenza, coinvolgendo altre famiglie in una esperienza di accoglienza direi illimitata.
Mi ha molto colpito il modo con cui Marina ci ha parlato di suo marito: il primo bene per la sua vita, un aiuto ad andare sempre all’essenziale, un richiamo costante alla verità della vita. Poi il racconto del bene che è la presenza di altre famiglie, una compagnia che rassicura. Nel testimoniare i vari fatti accaduti, le diverse esperienza di accoglienza fatte da queste famiglia abbiamo colto chiaramente il bene di fidarsi, di accogliere chi ti è stato donato. Senza limiti. Personalmente sono stata provocata da questa testimonianza vera di speranza, di apertura all’altro, di uno sguardo positivo sul quotidiano. Alessandro diceva “Più ci si allarga, più ci si sposta dalla propria misura”.
Sono tornata a casa con il cuore pieno della bellezza gustata e grata per il bel dialogo ed il clima che ho respirato durante i tre incontri. Un cammino che prosegue nel tempo e che ogni volta mi fa desiderare di più un’amicizia che sostenga la vita e riconosco che posso incontrarla nella nostra comunità, che è proprio una casa per tutti.
Elena Chrappan Soldavini